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Cuore, trapianti anche da persona morta


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Il cuore umano è il nostro motore, ma non è esente da problemi e danni, per risolvere i quali si ricorre a varie tecnologie o tecniche (peace-maker o bypass) per dare modo a chi si ammala di poter prolungare la sua vita. I trapianti hanno segnato una novità notevole per la sopravvivenza del paziente, ma tale azione è avvenuta con il cuore del paziente che è morto a livello celebrale ma il cui muscolo cardiaco batte ancora. Di recente, secondo la Bbc, in Gran Bretagna dopo l’Australia, è avvenuto il primo trapianto di cuore ‘morto’ in Europa. Nel Cambridgeshire i chirurghi hanno realizzato con successo questo intervento da primato, con un cuore ‘non battente’, su un uomo di 60 anni. In questo caso, infatti, l’organo proveniva da un donatore con cuore e polmoni che avevano smesso di funzionare, dunque in morte circolatoria. Secondo gli esperti dell’Ospedale di Papworth, questa tecnica potrebbe aumentare il numero dei cuori disponibili almeno del 25%. In tutto il mondo, la domanda di organi per il trapianto supera l’offerta e la lista d’attesa è lunga, a tal punto che non sempre chi attende l’organo sopravvive fino all’operazione. Sinora, nel caso di un decesso e di un cuore non battente, si potevano donare reni, fegato e altri organi, ma la nuova procedura utilizza una macchina, definita ‘heart in a box’ (cuore in una scatola), che permette di riavviare il cuore cinque minuti dopo la morte. Questo cuore, poi, è alimentato con sangue e sostanze nutritive ad hoc, conservandolo a temperatura corporea. Tuttavia, come funziona esattamente questa tecnica? Come si è sicuri che dopo che il cuore abbia smesso di battere, l’organo non abbia subito danni? Secondo Stephen Grande Large, esecutore dell’intervento, il cuore pulsante è stato monitorato per circa 50 minuti, controllandolo nei particolari. Dopo aver accertato che era in ottime condizioni, si è dato il via libera al trapianto. L’organo è stato quindi rimosso e trasferito nella macchina, dove è stato alimentato e ha pulsato per altre tre ore prima del trapianto. Questo sistema, d’altronde, è già utilizzato per consentire la sopravvivenza di polmoni, fegato e reni fuori del corpo. Il metodo standard per il trasporto degli organi è di imballarli sotto ghiaccio, ma alcuni possono già aver riportato danni, per questo occorre monitorare l’organo durante il trasporto o all’arrivo, altrimenti il trapianto è destinato al fallimento. Del resto, ogni macchina ha un costo considerevole e ogni unità per il ‘cuore nella scatola’ costa 150.000 sterline più altre 25.000 sterline per ogni paziente trapiantato. Finora, gli unici ospedali inglesi che usano questo dispositivo sono due ma le sperimentazioni della tecnica sono in corso in vari Paesi.

Francesco Sanfilippo

di Francesco Sanfilippo

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