Ma davvero vogliamo relegare il mondo delle piante e dei vegetali nella serie B della farmacopea? Nell’immaginario collettivo esistono due mondi: quello delle farmacie, dove si vendono i farmaci, e quello delle erboristerie, dove vengono dispensati estratti di piante con qualche valore curativo. Questa spaccatura è stata prodotta dalla necessità che rimedi pericolosi e tossici – i farmaci, per l’appunto – siano prescritti sotto la responsabilità diretta del medico. Il “fai da te” nella terapia con farmaci è pericoloso: nemmeno il farmacista, infatti, è autorizzato a consigliare terapie, se non quando si tratti di autentiche banalità. Si è scambiato, però, ciò che è pericoloso con ciò che è efficace: così si pensa che l’erboristeria dispensi quasi dei placebo. Ma la realtà per il nostro corpo va letta in modo diverso: la natura ha conferito al mondo vegetale la capacità di aiutarci attraverso quelle sostanze che ha distribuito un po’ dappertutto. Gli esempi sono infiniti e ci fanno stupire. Da sempre, la scienza ha studiato gli effetti delle piante sul corpo umano e tuttora – per mezzo delle più recenti tecniche – la ricerca va avanti. Le industrie farmaceutiche non hanno fatto altro che tentare di aumentare gli effetti benefici del mondo naturale, producendo derivati sempre più sofisticati e potenti. I risultati sono ciò che conosciamo: riusciamo a curare diversi sintomi, poche malattie e abbiamo gli armadietti di casa strapieni di farmaci – più o meno pericolosi – che mettono in crisi l’economia di molte nazioni. Viviamo immersi non solo nelle onde elettromagnetiche e nello smog, ma a contatto con tossici potenti. La natura c’insegna molto: c’è una saggezza in essa che richiede intelligenza e dedizione per fruirne. Un plauso, dunque, agli istituti di ricerca che si dedicano a imparare sempre di più dagli insegnamenti della farmacopea vegetale. In particolare, i pochi istituti universitari italiani.
Recentemente, ad esempio, in uno studio italiano è stata confermata l’attività antiaritmica del biancospino, con caratteristiche che lo rendono molto simile farmacologicamente alla ben nota digitale. In un recente lavoro sono state identificate in esso altre qualità: come l’attività antinfiammatoria, la riduzione del rimodellamento cardiaco, l’attività antiaggregante piastrinica e vasodilatativa. Viene concluso dagli studiosi che il biancospino può diventare un’ottima terapia integrativa, soprattutto per il miglioramento della qualità della vita del paziente cardiopatico. È solo un esempio, ma serve per riflettere: c’è ancora spazio per un mondo migliore, vicino all’uomo, al suo equilibrio, alla sua natura, alla sua crescita.
Dott. Diego Fabra