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Milioni d’italiani pagano l’assistenza infermieristica di tasca propria

L’invecchiamento della popolazione comporta un aumento di patologie come l’Alzheimer, il Parkinson o quelle croniche o cardiocircolatorie. Ciò comporta, a sua volta, un accrescimento delle spese sanitarie non solo per il nostro Sistema sanitario nazionale, ma anche e soprattutto per le tasche dei cittadini. Questi, infatti, devono provvedere ai familiari in precarie condizioni, per cui hanno bisogno di un sostegno sanitario che trovano negli infermieri professionali. Tuttavia, gli alti costi di questa scelta impongono dei ripieghi meno dispendiosi, come la conversione di badanti che si ritrovano a curare gli assistiti, pur non avendo spesso i titoli. Il fenomeno è destinato ad ampliarsi, creando problemi ad una categoria, quella  infermieristica, già in difficoltà, senza poter aiutare i pazienti.

Gli italiani fanno sempre più ricorso, privatamente, agli infermieri per ottenere l’assistenza necessaria per sé e per i propri parenti, pagando, per la maggior parte, in nero questi professionisti.
Quando i costi superano la soglia della disponibilità economica nei casi di un’assistenza protratta nel tempo, le famiglie preferiscono usare le badanti, caricandole di questa responsabilità. Il Censis ha realizzato, negli scorsi mesi, delle interviste nella popolazione, durante le quali è emersa da un lato la prepotente necessità di poter utilizzare gli infermieri per le proprie necessità di assistenza. Dall’altro, però, è forte la necessità di farlo a spese contenute, usufruendo di persone non qualificate con una sottostima dei pericoli che possono derivarne per la salute degli eventuali pazienti. Il numero di persone che hanno retribuito direttamente l’infermiere, è, in teoria, ancora molto sotto il fabbisogno potenziale di prestazioni sul territorio. Tuttavia, sono emerse anche situazioni di disoccupazione e sottoccupazione di infermieri, che spesso vanno a lavorare in strutture private profit con la conseguenza di ottenere remunerazioni anche molto basse, ma a tariffe tutto sommato sempre elevate per i cittadini.
La colpa di questa situazione è anche del blocco delle assunzioni nel pubblico, che, secondo la ricerca Censis, chiuderebbe molti sbocchi per gli infermieri. In realtà, l’attività professionale libera o autonoma è valutata ancora dagli infermieri come un ripiego, dove si aspetta di passare verso la ‘vera’ occupazione da dipendente, possibilmente nel pubblico. Il vice direttore generale del Censis, Carla Collicelli, ha commentato:
“La crisi economica ha danneggiato i cittadini ma anche diversi settori come quello infermieristico, spingendo verso un blocco del turnover.
Oggi il mercato è fermo, assunzioni non se ne fanno e i giovani laureati non trovano facilmente sbocchi nel pubblico”. La presidente della Federazione Ipasvi, sen. Annalisa Silvestro, ha aggiunto: “Dovremmo intervenire nel settore per scongiurare quegli atteggiamenti cui gli assistiti sono costretti per soddisfare il proprio bisogno di assistenza e per evitare che i nostri professionisti si trovino in situazioni di disagio e opacità lavorativa. D’altra parte, che l’assistenza sul territorio sia carente e inevasa appare chiaro anche dai dati sull’applicazione del nuovo Patto per la Salute, così come è evidente al contrario la necessità dei cittadini che questa decolli. Credo sia nostro compito intervenire.
Non solo per ridare appropriatezza e continuità alle prestazioni infermieristiche, ma anche per mettere in sicurezza il cittadino nei casi in cui ricorre a persone al di fuori della professione. Potremmo coinvolgere il Parlamento per una proposta di legge che defiscalizzi le prestazioni assistenziali sanitarie se effettuate da infermieri e le aziende sanitarie perché inseriscano e mantengano strutturalmente nel territorio infermieri educatori per informare, educare ed addestrare i familiari o i loro sostituti a un accudimento informato, corretto e sicuro dei loro cari. In questo modo si potranno sostenere concretamente e rapidamente le tante famiglie italiane in difficoltà”. Le prestazioni più richieste sono le iniezioni (58,4%), le perfusioni, le infusioni o le flebo (33%), l’assistenza in generale (24,5%), le medicazioni e i bendaggi (24,4%), l’assistenza notturna (22,8%).
Il 54% degli italiani che hanno pagato di tasca propria un infermiere, l’ha fatto in nero, il 45% per l’intera cifra e il 9% in parte. Ancora, oltre 4,2 milioni di italiani nei 12 mesi precedenti l’intervista del Censis si sono rivolti a figure non infermieristiche (badanti, familiari, conoscenti, eccetera) per avere prestazioni di tipo sanitario. I motivi vanno dalla fiducia nella persona cui si fa ricorso, al costo eccessivo di un infermiere, alla convinzione che per alcune prestazioni l’infermiere non sia indispensabile. Il ricorso a queste figure non specialistiche ha soddisfatto la maggioranza degli utenti, minimizzando gli eventuali danni subiti.
Tra coloro cui si è fatto ricorso, le badanti occupano un posto di rilievo, poiché, spesso, gestiscono le terapie farmacologiche dei pazienti, fanno iniezioni e si occupano di eventuali bendaggi e medicamenti. Inoltre, intervengono in caso di esigenze sanitarie che di solito richiedono il ricorso a infermieri e gestiscono un catetere. Il 51% degli italiani che ricorre alla badante per prestazioni sanitarie lo fa perché pagare un infermiere in modo continuativo è troppo costoso. Per il 50,9% degli italiani le c.d. “prestazioni semplici” (iniezioni o medicazioni), non richiederebbero l’intervento dell’infermiere professionale.
Quest’atteggiamento è più elevato tra gli anziani (55,4%), che sono consumatori più intensi di prestazioni infermieristiche.

Francesco Sanfilippo

di Francesco Sanfilippo

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