Solo nello 0,3% dei casi un nodulo tiroideo diagnosticato come benigno può trasformarsi in maligno. Lo ha accertato un importante studio coordinato da un team di medici del Dipartimento di Medicina interna e specialità mediche dell’Università di Roma La Sapienza guidato dal professore Sebastiano Filetti, condotto insieme ad un gruppo di medici ricercatori di otto strutture sanitarie pubbliche italiane fra i quali il dr. Marco Attard, dell’Unità operativa di Endocrinologia dell’Azienda Ospedali Riuniti Villa Sofia Cervello, che da oltre dieci anni fa parte di questo gruppo di ricerca. Lo studio, effettuato su un campione di 992 pazienti in tutta Italia, è stato pubblicato oggi su JAMA (Journal of the American Medical Association), una fra le più note e diffuse riviste mediche al mondo ed è destinato ad influenzare sensibilmente le attuali linee guida internazionali sulla gestione dei noduli tiroidei. Un argomento, quello dei noduli tiroidei, che interessa buona parte della popolazione in quanto dal 30 fino al 50% dei soggetti adulti può presentare noduli tiroidei. I noduli possono essere scoperti incidentalmente nel corso di un esame radiologico del collo richiesto per motivi non strettamente legati allo studio della ghiandola tiroidea, come per esempio nel caso del doppler dei vasi del collo effettuato nell’ambito della prevenzione cardiovascolare. Oltre il 90% dei noduli così scoperti sono di piccole dimensioni, non danno disturbi, si presentano benigni all’esame citologico su ago aspirato e senza caratteristiche ecografiche di malignità. Tuttavia la loro scoperta può essere fonte di stress per il paziente che comincia a porre diversi quesiti sul fatto se il nodulo possa crescere negli anni, determinare disturbi o peggio ancora possa trasformarsi da benigno in maligno. Lo studio messo a punto risponde a queste domande e permette di definire protocolli di sorveglianza efficaci. “I pazienti oggetto dello studio – afferma il dr. Attard – sono stati controllati annualmente mediante un esame ecografico del collo per misurare nel tempo il cambiamento dei noduli tiroidei e il dato emerso è che la grande maggioranza dei noduli rimane stabile nelle dimensioni nell’arco di 5 anni ed anzi una parte di essi va incontro ad una riduzione spontanea del volume. La loro crescita è stata rilevata solo nel 15% dei casi e l’aumento è risultato lento e graduale, pari a circa 5 millimetri in 5 anni. La maggior parte dei noduli che sono aumentati di volume sono risultati benigni e nel complesso noduli tiroidei inizialmente diagnosticati come benigni si sono trasformati in maligni solo nello 0,3% dei casi. Questi dati servono a rassicurare un gran numero di pazienti, perché tali noduli non richiedono alcuna terapia e non necessitano di un controllo ecografico frequente. Questo significa inoltre che i controlli ecografici possono essere diradati negli anni, con un notevole risparmio economico per la nostra sanità”.
Redazione