BULLISMO

Mettiamo in atto strategie preventive per contrastare la violenza giovanile

L’OMS la definisce come: “l’utilizzo intenzionale della forza fisica o del potere, minacciato o reale, contro se stessi, un’altra persona, o contro un gruppo o una comunità, che determini o che abbia un elevato grado di probabilità di determinare lesioni, morte, danno psicologico, cattivo sviluppo o privazione”. La diffusione della violenza, sotto le forme più diverse, costituisce purtroppo uno dei tratti salienti della società contemporanea. La ricerca più recente indica che fattori biologici e altri individuali spiegano in parte la predisposizione all’aggressività. Spesso, questi fattori interagiscono con la famiglia, la comunità e con altri fattori culturali ed esterni creando una situazione in cui la violenza diventa possibile. Nel 1996, la 498° Assemblea Mondiale della Sanità ha adottato la risoluzione WHA 49.25, in cui si dichiara che “la violenza è un problema di salute pubblica di fondamentale importanza e in progressiva espansione in tutto il mondo”. Crisi, disoccupazione, presenza di minoranze straniere non integrate, disagio sociale ed emarginazione incidono in maniera importante sul comportamento violento. Si evidenziano i campanelli di allarme di violenza lì, dove le difficoltà economiche sono maggiori. In Europa, il numero di crimini denunciati è in calo quasi ovunque, ma crescono in maniera preoccupante traffico di droga, abusi su minori e reati violenti. Soprattutto nei paesi colpiti dalla crisi. I dati sul crimine nel nostro Paese, nonostante le profonde differenze economiche e sociali, registrano un andamento comune con la Germania per quasi tutte le tipologie di reato. In questo quadro, va collocato l’omicidio di Aldo Naro avvenuto presso la discoteca Goa a Palermo che continua a riempirsi di nuovi tasselli e Palermo è sotto choc. Su Facebook intanto è stata inaugurata la pagina “Giustizia per Aldo”. Una foto copertina con la scritta gigantesca: “Stop alla violenza”. Undicimila iscritti in poche ore. Un fiume di rabbia, della Palermo giovane che non vuole accettare la verità peggiore: morire in discoteca, tra gli amici, durante una festa. La cittadinanza tutta, anche il Quartiere Zen di Palermo, si mobilita in una fiaccolata con slogan di pace “Io sono Aldo Naro” e “In discoteca non si muore”. Sono sempre più frequenti i comportamenti giovanili aggressivi. Verso gli altri e verso se stessi. Disinteressati, indifferenti, incapaci di comunicare e di stabilire relazioni; in questo deserto della comunicazione adopera il gesto violento, anche estremo, per esprimere il proprio disagio, il proprio malessere. Ogni giorno i notiziari aggiornano il bollettino degli atti di violenza quotidiana, sempre più numerosi, sempre più efferati e sempre più crudeli. Si può prevenire il comportamento violento? Il Trattamento dei cosiddetti violenti tiene in considerazione il legame tra cognizione ed emozione. È studiato dai teorici dell’approccio del cognitive appraisal, la valutazione cognitiva. Arnold (1960) ha introdotto per primo il termine appraisal per indicare il processo cognitivo con cui valutiamo se lo stimolo che percepiamo buono o cattivo. James (1884), invece, sostiene che alla base dell’emozione ci sarebbe una retroazione dalla periferia al sistema nervoso centrale, tra percezione e cambiamenti fisiologici. Nel caso di esposizione a stimoli con alto potenziale di arousal, sia donne sia uomini hanno mostrato le reazioni emotive maggiori. Tuttavia, la rielaborazione cognitiva è un processo centrato sui momenti antecedenti l’emozione, si riferisce a che cosa si fa prima che l’emozione sia pienamente vissuta e abbia influenzato il nostro comportamento e/o alterato il sistema periferico. Sul piano comportamentale la visione di scene violente è stata spesso indicata come una delle cause dell’aumento degli episodi di violenza nella vita quotidiana. Per valutare l‘impatto della visione di scene violente sulla tendenza a mettere in atto condotte violente si sono considerati due indicatori della condotta aggressiva: irritabilità e ruminazione. L’irritabilità è riferita alla propensione a reagire impulsivamente ad una provocazione o dissapore anche minimi, mentre la ruminazione si riferisce alla propensione a superare con difficoltà rancori o desideri di vendetta. Per quanto riguarda i processi di regolazione delle emozioni, s’ipotizza che la rielaborazione cognitiva e l’autoefficacia nel controllo delle emozioni negative possano anch’esse contribuire a contenere gli stessi vissuti emotivi negativi. «I processi formativi: dolore, disagio e violenza vuole trasmettere il messaggio che attraverso una sana educazione, e mediante una formazione metodica ed efficace, si possono prevenire e curare i disagi del bambino e dell’adolescente. Essere capaci di stabilire relazioni empatiche e di ascoltare attivamente e costruttivamente gli alunni, è il miglior modo per rendere educativo un incontro che, altrimenti, sarebbe sterile, se non devastante» (Tatarelli R., 2006). L’Helpline “Telefono Giallo” offre il conforto emotivo attraverso il Numero Verde 800 011 110.
Concludendo, bisogna “andare oltre” i dolorosi fatti di cronaca per comprendere il grave disagio giovanile e ricordare l’invito di Papa Francesco alla gentilezza con l’esortazione a dire «Grazie, scusa, permesso» insegnandoci così una parabola sulla buona educazione.
Dott.Viviana Cutaia
(Psicologa/Psicoterapeuta, Musicoterapeuta,
Coord. Telefono Giallo)

di Redazione

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