Il cittadino al centro delle cure

Il cittadino al centro delle cure

Sanità o salute? Questo è il dilemma! In questi ultimi anni si è parlato moltissimo di salute e meno di sanità, ma il concetto di entrambe comincia ed essere una criticità sia per lo specialista che per il paziente. Faccio memoria di uno dei momenti di confronto tra le istituzioni e il mondo del sociale, uno di quei famosi convegni, dove si è voluto far dire la sua al cittadino, coinvolgendolo ad un possibile cambiamento, renderlo consapevole e partecipe quando si cominciò a parlare seriamente di riforma della sanità e quando il terzo settore era stato intelligentemente visto dalla politica come primo riferimento per poter fare le cose a misura d’uomo e non di politica.
E’ una frase da mettere in un almanacco e lo riporto con l’encomio di stima al precedente Presidente del CoReOV (Coordinamento Regionale delle Organizzazioni di Volontariato) Dott. Orazio De Guilmi, che la pronunciò. Prima il carrozzone della sanità era paragonabile ad una cinquecento, ora vogliamo il Ferrari, ma se non siamo bravi a collaborare tra le parti e la politica non è attenta a formare chi deve essere messo al volante, il rischio è che non avremmo ne la cinquecento ne il Ferrari. Oggi è così! La profezia si è avverata, la cinquecento non c’è più e il Ferrari è in mano a persone poco esperte, che per saggia consapevolezza di auto tutela, lo tengono in garage, per non guastarlo e non fare incidenti.
Come tutte le cose belle lo facciamo vedere agli amici che ci vengono a trovare a casa, ci vantiamo di possederlo ma per spostarci lo facciamo a piedi.
E IL MALATO??? E’ tornato in 5° fila. Le riforme che dal 2007 ad oggi sono state sancite dalla nostra Repubblica, mettono al centro delle cure il cittadino e non la sanità ad uso e consumo del sistema. L’ottica di innovazione e di miglioramento dei servizi è stata avviata, per migliorare un carrozzone che si riparava ogni giorno dai continui guasti, investendo in tecnologie nuove diffuse sul territorio da nord a sud, per poi ottimizzare ed efficentare il sistema, creando le dovute e necessarie economie sociali e di sistema.
IL CITTADINO VA MESSO AL CENTRO e l’offerta delle cure deve circondarlo per offrire il meglio. Per fare questo non si è partiti da desideri fantomatici o idealistici, ma da dati di fatto che da anni sono stati dimostrati da pionieri che della salute ne hanno fatto una loro ragione di vita, esperti che si sono adoperati per dimostrare con forza dati evidenti e riscontrabili, non fondati da teorie propagandistiche della politica, ma tesi matematiche, FATTI. Basti pensare a cosa accade quando un paziente viene visto da un equipe di esperti, dove il malato viene messo nelle condizioni di poter dialogare con interlocutori esperti e non in un rapporto uno a uno, – esperto indiscusso (il medico) e ignorante (il malato). Le evidenze di una patologia cronica vengono sviscerate con una faccia totalmente differente, si ha la possibilità di fare esternare al paziente tanti dubbi e farsi riferire sintomi e malesseri che anche le anamnesi più dettagliate difficilmente fanno emergere. Le anamnesi, molto spesso vengono fatte con superficialità e da personale paramedicio, con il consapevole rischio clinico di essere infruttuose e pericolose. Per questo le società scientifiche hanno voluto con forza che fossero istituzionalizzate le checklist (tutte quelle domande che fanno perdere tempo al medico, spesso vengono fatte compilare al malato che solo a vederle entra in confusione e la risolve con semplice frase: “dove devo firmare????..”).
Ma cosa si intende con il cittadino al centro? Semplice! Vi riporto un banale esempio di qualche ospedale virtuoso dove dalla teoria si è passati alla pratica: malato cronico arriva al pronto soccorso per una frattura, a riceverlo non è un infermiere che decide la priorità della sua urgenza e assegna un codice molto spesso errato; il secondo passaggio è quello della consulenza al triage dove trova un gruppo di specialisti. Da quel momento il paziente è posto ad una visita generale, ascoltato da specialisti di branca diversa che si confrontano su quali esami è meglio fare e quali sono inutili, quali tutele immediate vanno messe in campo, sia di terapie che di diagnostica, oltre a valutare come alleviare il dolore che in quel momento è un disagio non indifferente per chi sta su un barellino con una osso malmesso. E se la stessa cosa avvenisse in un poliambulatorio dove non vi è il carattere d’urgenza, il paziente non è affranto da forti dolori e può essere messo nelle condizioni di dialogare ed esporre le sue patologie???
Sicuramente sono tanti campanelli d’allarme che più esperti possono carpire per ricercare le migliori soluzioni con terapie mirate. Risultato di questa realtà ? un’unica consulenza, non diverse visite fatti in tempi differenti (tempi di attesa apocalittici), una terapia mirata ed efficace senza esborsi di ticket e farmaci comprati e somministrati inutilmente, oltre a non sottovalutare il costo di molta diagnostica inutile e poco salutare soprattutto quando di parla di dover assorbire radiazioni. Sembra quasi una visione futuristica, ma è fattibile, solo che è scomoda!! Eppure la normativa vigente lo vuole. Si è parlato tanto di PUA (Punto Unico di Accesso) che non era solamente rivalutare alcune strutture ed evitare di chiuderle, ma ottimizzarle; si è parlato di PTA (Presidi Territoriali di Assistenza), studi medici consociati, integrazione tra Ospedale e territorio, e nei fatti?? Il grande sconvolgimento che ha fatto tanto discutere, l’uragano passato sulla Sanità?
Piuttosto che sgomberare il tutto dalle macerie, il sintomo che si percepisce è quello di ricostruzione dello status di prima e il polverone sollevato si è depositato sulle nuove strutture, che in molti casi sembrano cattedrali nel deserto da tutelare, perché possono sempre essere utili, come bacini di utenza e feudi della politica, da non fare emancipare, perché altrimenti possono dire la loro.
Il cittadino è al centro dell’Agora per essere curato? NO!
È al centro della piazza per la lapidazione. La riforma parla di semplificazione, ma questo è difficile, lento e rischioso. L’amministrazione pubblica è malata di un gravissimo tumore e non ci sono tribunali civili, penali e sociali che ammettono l’atto duro e difficile dell’eutanasia, per far crescere e sviluppare il sistema tanto desiderato, perché il nuovo FA PAURA!
Girolamo Calsabianca

di Dott. Girolamo Calsabianca

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