L’istruzione universale è uno dei punti fermi del nostro sistema scolastico fin dalla legge Coppino del 1877 come strumento per abbattere l’analfabetismo, in particolare nelle fasce medio-basse della popolazione. Negli anni 60 del 900, la Rai promosse un programma, intitolato “Non è mai troppo tardi” in collaborazione col Ministero dell’Istruzione.
Questo programma, guidato dal maestro Alberto Manzi, ridusse le ultime sacche di analfabetismo presenti nel nostro Paese. Poi, le riforme della scuola hanno appesantito burocraticamente il settore dell’istruzione a scapito della qualità. Qual è lo stato dell’istruzione, in particolare in Sicilia? La Fondazione Res ha presentato nei giorni scorsi un rapporto, dove si evidenzia l’emersione di alcune criticità e le loro cause. Intanto, nell’anno scolastico 2013-2014, il 44% delle risposte degli studenti meridionali ai test d’italiano nelle scuole medie è errata. In Sicilia questa percentuale arriva al 46%, a fronte di valori per il Nord del 35%. Risultati peggiori si registrano per le risposte ai test di matematica, con il 48% di risposte errate degli studenti meridionali, il 49% in Sicilia e il 39% per l’Italia settentrionale. Non si tratta di casi isolati, poiché valori simili si registrano per gli studenti che frequentano le scuole superiori. Una prima causa di questo disagio si evidenzia con l’analisi dell’identikit degli studenti con peggiori risultati, che mostra come sia importante l’influenza del retroterra socio-economico e culturale delle famiglie di provenienza. Tuttavia, tale fattore incide in tutte le aree territoriali del Paese senza che si registrino forti differenze. Nel Mezzogiorno, il 40% degli studenti con esiti negativi proviene da un retroterra più disagiato, ma questa percentuale non varia molto per gli studenti settentrionali e siciliani (circa il 35%). Ciò che differenzia maggiormente gli studenti siciliani e meridionali meno istruiti dai loro omologhi del Centro-nord è la loro più elevata concentrazione in alcune scuole. Il 55% degli studenti meridionali e il 43% di quelli siciliani con risultati meno soddisfacenti studiano in scuole con un’elevata presenza di studenti con retroterra familiare basso. Questi valori si riducono al 34% nel Nord e al 20% nel Centro.
Quando gli studenti con un retroterra familiare basso sono molto concentrati come avviene al Sud si determina una sorta di effetto moltiplicatore (“peer effect”) che incide negativamente. I punteggi degli studenti siciliani che frequentano scuole “ghetto” sono di circa 20 punti inferiori a quelli di coloro che frequentano scuole di élite (con incidenza bassa di famiglie in condizioni più disagiate).
Questa differenza per il Mezzogiorno è di 18 punti, mentre al Centro Nord scende a soli 8 punti. L’indagine, nel complesso, dimostrerebbe come l’influenza di un basso retroterra familiare sia amplificata in Sicilia e nel Mezzogiorno dalla maggiore presenza di scuole “ghetto”. Un’altra peculiarità che influenza i risultati degli studenti siciliani e meridionali in genere, è la maggiore segregazione delle classi sulla base del retroterra familiare degli studenti, con ulteriori effetti moltiplicatori. Non a caso, il 45% degli studenti siciliani che vanno peggio, frequenta classi più omogenee per retroterra familiare, mentre ciò accade per il 20% degli studenti settentrionali che vanno peggio. Così, i risultati sono influenzati dalla maggiore incidenza di scelte organizzative che possono portare a classi ghetto, che aumentano le disuguaglianze interne alla stessa scuola. Il Rapporto ha esaminato anche altri aspetti riguardanti l’organizzazione delle scuole siciliane, anche attraverso confronti con altri contesti territoriali. In particolare, è stato analizzato il ruolo dei dirigenti scolastici e degli insegnanti che, ovviamente, è di grande rilievo nella costruzione dei livelli di apprendimento di base. Da questo punto di vista sono emerse alcune caratteristiche specifiche che possono influire sulla formazione. Sia i dirigenti sia gli insegnanti hanno in Sicilia e nel Mezzogiorno un’età anagrafica e una instabilità nella sede mediamente più elevata dei loro colleghi che operano nel Centro-Nord. Nelle scuole medie meridionali il 33% degli insegnanti ha almeno 55 anni, a fronte del 25% nel Centro-Nord. Per quanto riguarda invece i dirigenti scolastici, il 36% in Sicilia e nel Mezzogiorno ha oltre 60 anni, contro il 28% nel Centro-Nord. Per quanto riguarda la loro posizione, si trovano nell’attuale scuola da non più di due anni il 33% dei dirigenti siciliani e il 26% di quelli meridionali, a fronte del 16% dei dirigenti del Centro Nord.
Gli insegnanti esprimono anche un livello d’insoddisfazione più elevato per gli istituti scolastici in cui lavorano e sono mediamente più assenti rispetto ai loro colleghi. Infatti, i giorni medi di assenza per malattia sono 11 per gli insegnanti siciliani delle medie, e si riducono a 9 nel Mezzogiorno, 8 nel Centro e 7 nel Nord. S’ipotizza così che, fronte di un contesto ambientale più difficile, possano esserci fenomeni di minore impegno continuativo nelle attività dirigenziali e di insegnamento rispetto alle difficoltà incontrate nel lavorare nelle più numerose “scuole ghetto”. Queste tendenze non devono fare immaginare che le scuole siciliane o meridionali siano necessariamente meno capaci di contrastare i condizionamenti dell’ambiente. Dai confronti tra le varie realtà scolastiche a confronto dal Nord alle Isole, emerge che anche in Sicilia e nel Mezzogiorno ci possono essere realtà scolastiche più efficaci. Ciò avviene laddove, su impulso del dirigente o di un gruppo di insegnanti, si attiva una capacità cooperativa fra soggetti interni o esterni alla scuola (famiglie, associazionismo, governo locale).
Queste realtà non sono ancora molto diffuse, ma sono ben presenti, per cui si potrà lavorare su di esse per il futuro. In questo modo, si potranno contrastare le maggiori disuguaglianze fra le scuole e all’interno delle scuole in Sicilia e nel Mezzogiorno.
Francesco Sanfilippo
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