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Olio di Palma? Stop al suo consumo


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L’olio di palma è, ormai, è un alimento presente in maniera prepotente nella nostra alimentazione che consumiamo senza rendercene conto, o sottovalutando gli aspetti negativi che questo può avere per la nostra salute. Il suo uso, dalle merendine al suo grande utilizzo nella ristorazione, è dovuto alle ottime rese grazie al suo bassissimo costo. Ma il consumatore non è consapevole e non ha la possibilità di scegliere, come lo si fa con i prodotti surgelati, quando troviamo un asterisco nei menù.
Dalle famose rosticcerie siciliane (i famosi arancini) a tutti gli ottimi e gustosissimi menù per giovani, cui non mancano le patatine fritte, i churros (dolcetti fritti tipici della Spagna, diffusi anche in Sudamerica, in particolare in Argentina), alla comune ciambella, non è specificato che sono fritte con olio di palma. Per inciso, o lo leggi nella confezione o si trova la voce oli vegetali nelle etichette. L’olio di palma non è un alimento molto salutare, poiché, rispetto all’olio di oliva e a tutti gli altri oli di semi, è rettificato chimicamente per il suo consumo (ossia subiscono trattamenti chimici che li rendono edibili, altrimenti non lo sarebbero naturalmente). Al di là di questo, la sua composizione è molto ricca in acidi grassi saturi (in particolare fino al 50% di palmitico) che favorisce l’ipercolesterolemia e la arteriopatia.
Tra gli oli di semi, quelli che hanno una composizione in acidi grassi monoinsaturi e polinsaturi più vicini all’olio di oliva, si trova quello di arachidi e di girasole. Non esistono alimenti per controbilanciare questi grassi. Bisogna mangiarne il meno possibile e favorire sempre l’olio di oliva ed eventualmente quello di arachide e girasole.
Secondo i nutrizionisti l’assunzione giornaliera di dosi elevate di questo ingrediente può risultare dannosa per la salute a causa della presenza dei grassi saturi. Questa ipotesi si verifica più spesso di quanto si creda, visto che il palma si trova nella maggior parte degli alimenti trasformati, soprattutto in quelli più consumati dai giovani. Anche se in Italia non esistono studi sul consumo pro-capite, i nutrizionisti consigliano di limitarne l’assunzione, in particolare ai bambini che sono i più esposti.
Per rendersi conto di quanto l’olio di palma sia diffuso basta dire che è il grasso principale di quasi tutte le merendine, i biscotti, gli snack dolci e salati, le creme in vendita nei supermercati. L’ampio utilizzo di questa materia prima è dovuto sia al costo estremamente basso, sia al fatto di avere caratteristiche simili al burro. La produzione di olio di palma è correlata alla rapina delle terre e alla deportazione di milioni di famiglie africane e asiatiche (land grabbing).
È inoltre causa primaria della deforestazione di aree boschive (prima causa di emissioni di CO2 nel Sud-Est asiatico) e della devastazione degli “habitat” naturali per lasciare spazio alle monocolture come questo alimento.
Queste operazioni comportano gravi violazioni dei diritti umani, l’eliminazione della sovranità alimentare e la riduzione della biodiversità. Per stemperare le problematiche e ripulire l’immagine dell’olio di palma, esiste una certificazione sostenibile (RSPO), che tuttavia copre solo una quota minima della produzione, senza neppure mitigare i problemi denunciati. Numerose organizzazioni, (e anche noi ci uniamo) chiedono al Ministero della Salute e agli Enti pubblici di disporre l’esclusione dalle pubbliche forniture di alimenti che contengano olio di palma.
Questa clausola deve essere inserita in tutti i capitolati di appalto per l’approvvigionamento delle mense scolastiche, ospedaliere e aziendali, nonché dei distributori automatici collocati in scuole e pubblici edifici. Chiediamo al Ministero delle politiche agricole e agli altri Stati membri dell’Unione Europea di aderire subito alle Linee Guida del CFS (Committee on World Food Security) – FAO, per una gestione responsabile delle terre, delle foreste e dei bacini idrici.
Chiediamo ai supermercati di escludere dalle forniture dei prodotti con il loro marchio (private label) l’olio di palma.
Chiediamo, infine, alle industrie agroalimentari di impegnarsi a riformulare i prodotti senza l’utilizzo di olio di palma, affinché il cibo “made in Italy” possa davvero distinguersi come buono e giusto.
Girolamo Calsabianca

di Dott. Girolamo Calsabianca

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