Secondo il Direttore dell’UOC di Ortopedia del “San Raffaele Giglio”, Filippo Boniforti, è importante l’accurato monitoraggio degli interventi
Le protesi sono strumenti dalle notevoli potenzialità, ma il loro uso non può essere indiscriminato. Ne parliamo con il Dott. Filippo Boniforti, Direttore di UOC Ortopedia della Fondazione “Istituto San Raffaele G. Giglio” di Cefalù, centro di chirurgia protesica e trattamento degli esiti.
Chi sono i soggetti cui è consigliabile indicare di sottoporsi ad un interventi di protesizzazione del tratto articolare?
“I soggetti interessati sono i pazienti affetti da degenerazione articolare primitiva (artrosica) o secondaria (artrite, post traumatica o deformità congenita). Le articolazioni più frequentemente interessate sono l’anca ed il ginocchio. Camminare, alzarsi, sedersi, salire le scale o vestirsi sono funzioni condizionate dallo stato articolare. Quando le funzioni si riducono e il dolore limita il movimento, è indicato l’intervento di artroprotesi”.
Quante protesi sono impiantate in Sicilia e quante in Italia?
“In Sicilia, nel 2012, sono stati eseguiti 5.841 interventi di protesi d’anca e 5.631 interventi di artroprotesi di ginocchio. Da una recente analisi dell’Assessorato alla Salute della Regione Siciliana, si registra un incremento di impianti per anno del 5% per l’anca e del 13% per il ginocchio. In Italia, nello stesso periodo, gli interventi di protesizzazione dell’anca sono stati 94.771 e del ginocchio 63.048. Le altre articolazioni sono state protesizzate in 6.810 pazienti, per un totale assoluto di 164.629 protesi articolari”.
Quanti sono stati gli interventi resi necessari da insuccessi delle precedenti operazioni o per criticità manifestesi in seguito che hanno portato il soggetto ad essere riprotesizzato nell’arco di poco tempo?
“La riprotesizzazione, o revisione, è un intervento significativamente diverso dall’intervento di primo impianto. Nel 2012, in Sicilia sono state eseguite 384 revisioni di protesi d’anca e 383 protesi di ginocchio, pari a circa il 6% del totale degli impianti. In Italia si registrano oltre 12.000 casi l’anno. Le cause di revisione sono, nella maggior parte dei casi, dovute ad usura dei materiali e avvengono nell’arco di anni. Le revisioni precoci rappresentano una percentuale molto bassa rispetto al totale, inferiore all’1%”.
Perché il fenomeno è monitorato dall’Istituto Superiore di Sanità, tanto da richiedere un registro di protesi di anca e ginocchio, come richiesto dall’Anio?
“In considerazione delle dimensioni del problema, l’ISS ha strutturato un comitato scientifico dedicato alle artroprotesi, istituito dal Presidente dell’ISS nel 2008 e composto da referenti delle varie istituzioni: ISS, Ministero della Salute, rappresentanti regionali, Società Italiana di Ortopedia e Traumatologia e Assobiomedica. Il comitato scientifico ha abbracciato il progetto del Registro Italiano delle Artroprotesi (RIAP), attivo dal 2006. Il registro è uno strumento riconosciuto in ambito scientifico per condurre studi prospettici osservazionali di grandi dimensioni che ha come endpoint il fallimento dell’impianto protesico. Il registro raccoglie in modo sistematico informazioni sull’intervento chirurgico, evidenzia i fallimenti precoci e fuori norma e permette di rintracciare i pazienti a rischio. Ha come obiettivo quello di valutare l’efficacia dei dispositivi impiantati, misurandone la sopravvivenza. Inoltre, si prefigge di introdurre misure per migliorare la qualità della vita dei pazienti”.
Per le industrie del settore qual è il valore aggiunto dato dal report accurato e clinico di ciò che accade al malato quando subisce una protesizzazione d’arto?
“Le industrie del settore sono certamente interessate al registro per poter verificare il buon funzionamento dei prodotti messi in commercio. Il RIAP riconosce tra gli attori di questo sistema l’ISS, il Ministero della Salute, le Regioni, il chirurgo, i fabbricanti, tutti legati a doppio filo al paziente nel raggiungimento del risultato clinico funzionale. Inoltre, in un mercato globale, è impensabile non far riferimento ai dati pubblicati dai registri nazionali europei e degli altri continenti”.
Nel caso l’intervento non riuscisse, cosa accadrebbe?
“Qualora si verificasse un insuccesso, la prima cosa da fare è riconoscere la causa del fallimento che dev’essere registrato, studiato e valutato al fine di correggere e revisionare l’impianto. Le procedure di revisione comportano frequentemente l’utilizzo di strumenti clinico-diagnostici e chirurgici che non fanno parte della dotazione standard di tutti gli ospedali. In tal senso, ritengo utile la definizione di spazi sanitari dedicati e ospedali predisposti alla cura dei fallimenti delle artroprotesi”.