La corretta identificazione dei pazienti costituisce il primo fondamentale passo per l’erogazione in sicurezza di prestazioni diagnostico-assistenziali e per la somministrazione di terapie farmacologiche
“Lei non sa chi sono io…!”
Questa nota frase, proferita solitamente quando l’interlocutore sembra non dar peso alle nostre richieste, appare utile per sottolineare l’importanza di una corretta identificazione all’interno di una situazione comunicativa. Nella struttura ospedaliera questa identificazione è fondamentale.
Nei nostri ospedali si presentano quotidianamente decine e decine di persone, ognuna delle quali ha una storia clinica o una situazione patologica che impone un ricovero o un accesso ambulatoriale. Moltissimi pazienti presentano la necessità di assumere dei farmaci o di essere sottoposti ad accertamenti diagnostici più o meno invasivi. E’ pertanto necessario porre la massima attenzione nell’identificazione personale, per essere certi, innanzi tutto, di effettuare il gesto medico sulla persona giusta o per somministrare il farmaco alla persona per cui è prescritto. Basti pensare che un farmaco che ha effetti benefici su un paziente potrebbe causare gravi danni ad un altro affetto da una diversa patologia.
Deriva da tutto questo la necessità che ogni organizzazione sanitaria sia dotata di un’apposita procedura per la sicura identificazione di ogni assistito. In questo processo, la persona, qualora vigile e collaborante, ha un ruolo attivo: dovrà rispondere personalmente alle domande dell’operatore, il quale gli chiederà nome, cognome e data di nascita. E’ considerata obsoleta e non priva di grandi rischi l’utilizzazione del numero di letto o del numero di stanza per identificare il degente. Allo stesso modo, è assolutamente da evitare l’utilizzo del solo cognome. In caso di omonimia, i rischi sono facilmente comprensibili.
Quando va identificato il paziente? Praticamente, sempre e “prima”! La corrispondenza tra la persona e la prestazione o il trattamento che si sta per attuare va verificata prima della visita medica, prima della somministrazione di farmaci, sangue ed emoderivati, prima del prelievo di sangue e di altri campioni biologici per analisi cliniche, prima dell’esecuzione di terapie, procedure diagnostiche o interventi chirurgici (prima dell’induzione dell’anestesia). Il medico o l’infermiere chiede al paziente di pronunciare nome, cognome e data di nascita, accertandosi che i dati anagrafici che gli vengono comunicati corrispondano a quelli contenuti nella documentazione clinica.
Nell’azienda Ospedaliera Ospedali Riuniti Villa Sofia – Cervello ad ogni paziente che accede alle Aree di emergenza per i bambini o per gli adulti, viene consegnato un bracciale identificativo che ne riporta nome, cognome e data di nascita. Tali dati sono debitamente controllati ogni volta che se ne renda necessaria la verifica.
Dall’applicazione di questa semplice ma basilare prassi scaturisce un grande miglioramento per la sicurezza dei pazienti e per l’efficienza della struttura sanitaria. A breve, il bracciale identificativo sarà disponibile per tutti i degenti, nell’ottica di un percorso di alta qualità delle prestazioni diagnostico-assistenziali.
Ed all’operatore che si appresta a somministrare una terapia o a fare un prelievo senza aver proceduto alla necessaria identificazione dell’assistito, quest’ultimo, non polemicamente, ma con spirito collaborativo, potrà sempre dire “Lei non sa chi sono io !”.