La nutraceutica è un settore della farmacologia che utilizza i componenti e i principi attivi degli alimenti a fini terapeutici. Ma perché utilizzare questo tipo di sostanze? Ed è sempre consigliabile? Per rispondere a queste e ad altre domande abbiamo sentito Carlo M. Barbagallo, Professore Associato di Medicina interna all’Università degli studi di Palermo e Dirigente medico presso la Divisione di Medicina interna e Dislipidemie genetiche del Policlinico di Palermo. “Il termine nutraceutico – esordisce - è un neologismo che fonde le parole nutrizionale e farmaceutico. Rientrano in questa categoria i principi attivi, gli integratori alimentari (i prodotti alimentari destinati ad integrare le normali diete), gli alimenti funzionali (cioé arricchiti da componenti con specifiche funzioni terapeutiche o protettive) e i preparati a base di piante officinali”.
La maggior parte dei nutraceutici ha origine vegetale, ma esistono anche sostanze di derivazione animale come l’olio di pesce. In quanto considerati al pari di alimenti, l’immissione in commercio di questi preparati è poco controllata dalla legislatura europea. “Con la conseguenza – precisa il prof. Barbagallo - che abbiamo disponibili, in tutti i settori terapeutici, una grande quantità di preparati che però non sono stati sottoposti, come i farmaci tradizionali, all’iter sperimentale canonico delle molecole classiche che utilizziamo in terapia”.
L’iter che un farmaco segue prima di essere immesso in commercio è piuttosto lungo. “Partendo dalla dimostrazione in vitro dei possibili effetti di una sostanza – spiega il Professore – si passa alla sperimentazione sugli animali e sull’uomo solo dopo l’analisi dell’efficacia e della tollerabilità. Il controllo dei loro effetti continua anche dopo l’immissione in commercio”. Ma per i nutraceutici non avviene lo stesso. “Sono, infatti, utilizzati in terapia senza evidenze rilevanti – rivela il Prof. Barbagallo -. Spesso esistono solo dei dati dedotti da studi clinici di piccola entità, non controllati, e non vi sono, o non sono particolarmente robusti, i presupposti teorici della loro efficacia. E’ necessario quindi estrapolare da tutti i composti quelli che hanno un’efficacia realmente documentabile”.
Il controllo medico è assolutamente importante, soprattutto perché sono necessarie basi culturali adeguate del prescrittore. “In Italia – avverte Barbagallo - spesso i nutraceutici vengono consigliati anche da personale sanitario non medico (ad esempio dietisti), ma questo rappresenta un problema perché è necessario che tali molecole vengano maneggiate da personale addestrato. La derivazione naturale, non è di per sé una certezza d’innocuità, basti pensare che molti farmaci classici hanno un’estrazione vegetale e che, anche in natura, esistono sostanze tossiche. Trattandosi di sostanze estranee al nostro organismo, si deve aver presente che accanto all’effetto farmacologico, esiste la possibilità di eventi avversi, con la differenza che la minore sorveglianza li rende meno prevedibili”.
Vi è poi un altro problema rilevante legato al fatto che i preparati commerciali nutraceutici sono delle miscele di diversi composti. “Le dosi delle singole sostanze attive – sottolinea il professore - non sempre sono sufficienti a determinare l’effetto terapeutico propagandato e quindi i differenti preparati sono difficilmente comparabili tra di loro. La conseguenza è un mare magnum di formulazioni commerciali, tra le quali è imprescindibile un’accurata conoscenza della singola prescrizione”.
Quali considerazioni possiamo trarre da questa premessa? “Che bisogna affidarsi a personale esperto – afferma Barbagallo -. Partendo da tali presupposti, bisogna sottolineare che esiste un’ampio spettro di sostanze valide, con risvolti importanti dal punto di vista terapeutico. Per esempio, nella prevenzione cardiovascolare e nel trattamento dell’ipercolesterolemia, in particolare, abbiamo a disposizione diversi preparati, alcuni dei quali con basi teoriche e dimostrazioni cliniche valide che ne confermano l’efficacia clinica”.
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