pagina 5 - speciale alzheimer
Il terapeuta può aiutare anche i familiari 
del paziente 
di Giusy Egiziana Munda -

Quando la memoria, il pensiero e la capacità di giudizio di una persona affetta dal morbo di Alzheimer si deteriorano a causa della malattia, è la famiglia che deve affrontare il delicato compito dell’assistenza, oltre le angosce quotidiane di una malattia che non ha cure. Come affrontare i disturbi comportamentali o le manifestazioni di tipo psicotico che spesso accompagnano la malattia? “Il primo passo è quello di sottoporre il paziente alla visita dello specialista, il quale, dopo aver valutato se l’aggressività sia dovuta a delirio o ad allucinazioni, appronta la terapia farmacologica idonea a ridurre questa sintomatologia”, spiega il dott. Leonardo Galante, neuropsichiatra dell’età evolutiva e dell’adulto. “In taluni casi – prosegue il Dott. Galante - alla base dei disturbi comportamentali c’è spesso uno stato confusionale, per cui il paziente percepisce l’ambiente come estraneo ed ostile. In questi casi può aiutare fissare dei punti di riferimento nell’ambiente in modo che il paziente nei momenti di confusione possa riferirsi ad essi. Altra cosa da considerare è che il paziente non ha alcuna colpa dei suoi atti. Spesso il familiare si sente aggredito. Una cosa che invece deve fare è comprendere che il comportamento deviato fa parte della malattia. Può accadere che il familiare accudente dia messaggi ambivalenti al paziente (cerca di tranquillizzarlo con la voce, ma con la mimica facciale o con i gesti risulti aggressivo: in questo caso, il paziente può interpretare come minacciosa la sua mimica). E’ importante che il familiare faccia una sorta di training autogeno cercando di mantenere la calma”. 
Come interviene, in generale, lo specialista nei casi di Alzheimer? “Attraverso la somministrazione di neurolettici. Sconsigliati invece i farmaci tranquillizzanti minori perché aumentano lo stato confusionale e determinano un peggioramento del quadro clinico”, risponde lo specialista. “I neurolettici, agendo sulla componente delirante e dispercettiva, producono spesso un effetto benefico: un delirio frequente è quello di persecuzione nei confronti delle persone di riferimento; le dispercezioni sono invece allucinazioni, che possono essere uditive, visive o tattili”. 
L’ambiente dev’essere il più possibile standardizzato, perché “ogni cambiamento che lo riguardi può avere un effetto sull’equilibrio emotivo del paziente”, precisa il Dott. Galante. “Se il paziente dev’essere spostato dall’ambiente che conosce - prosegue - è importante ricrearlo attraverso alcuni accorgimenti (foto di familiari od oggetti a lui noti). Questi accorgimenti non cambiano il decorso clinico della malattia, ma possono aiutare nella sua gestione. Ritengo sia importante che, oltre alla presa in carico del paziente da parte del terapeuta, ci sia anche quella del familiare che lo accudisce perché dev’essere istruito ed educato a fornire l’assistenza ed informato sulle strategie da mettere in atto per ridurre al minimo il disagio sia del proprio caro che di loro stessi”. 

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