pagina 4 - gastroenterologia
Disturbi funzionali dell’apparato digerente: 
è meglio andare dal gastroenterologo 
o dallo psicoterapeuta?
di Giusy Egiziana Munda -

I disturbi dell’apparato digerente sono una delle prime cause che ci portano a ricorrere al medico, ma non sempre, pur di fronte all’ausilio di strumenti diagnostici anche invasivi, si riesce a trovare la causa del malessere. Per capire meglio il perché abbiamo intervistato il dott. Sergio Peralta, gastroenterologo, responsabile dell’U.O.S. di Endoscopia Digestiva Diagnostica e Interventistica dell’U.O.Complessa di Gastro-enterologia ed Epatologia presso il Policlinico di Palermo e Consigliere Nazionale dell’ Associazione Italiana Gastroente-rologi Ospedalieri. “Le dispepsie funzionali e la sindrome del colon irritabile“, spiega lo specialista, “sono disturbi dipendenti da una disfunzione del tubo digerente superiore e inferiore alla cui base non vi è una malattia organica. La dispepsia funzionale è, di solito, una condizione benigna che, a supporto dei disturbi che presenta (senso di tensione addominale dopo un pasto abbondante, ma anche dopo un pasto ridotto), non ha alcuna alterazione organica. A volte può esserci un’infiammazione da Helicobacter, ma nella maggior parte dei casi non esiste una stretta correlazione di causa ed effetto e il sintomo accusato non corrisponde alla patologia. Stessa cosa vale per la sindrome del colon irritabile i cui sintomi sono la stipsi e la diarrea che non sono l’effetto di stenosi o di ulcerazioni lungo il colon, ma di un problema funzionale di alterata motilità”.

Un paziente può presentare contemporaneamente disturbi al tratto superiore e a quello inferiore del tubo digerente?
“Sì. Può esservi una sovrapposizione di sintomi: il paziente può riferire di avere contemporaneamente i sintomi di disfunzioni del tratto superiore che a quello inferiore del tubo digerente, oppure può averne solo un tipo e sperimentare l’altro tipo andando avanti negli anni. Ma ciò che è rilevante è che i disturbi digestivi funzionali possono essere associati anche a disturbi funzionali di altri organi che non hanno, a loro volta, un corrispettivo organico”. 

A chi dev’essere affidato un paziente di questo tipo? 
“Qui sta il problema. Un paziente del genere rischia di avere diagnosi diverse a seconda dello specialista a cui si rivolge. Se il medico guarda il paziente in senso olistico, può notare che tutti i disturbi da questi riferiti hanno un comune denominatore che è dato dall’assenza di un fattore organico. L’aspetto psicologico del paziente aiuta spesso il medico a comprendere la ragione dei sintomi”.

Ma perché è importante parlare dei disturbi funzionali? 
“Perché, se non vengono adeguatamente inquadrati e affrontati dai medici, si rischia di sottrarre risorse a scapito di pazienti che hanno patologie importanti. Questi disturbi sono molto frequenti, riguardano il 10-30% dei pazienti visitati dal gastroenterologo. E’ consigliabile che il medico, in caso di dubbio, non si affretti ad inviare il paziente ad indagini inutilmente invasive. Quando un problema non è grave, il medico deve saper aspettare. Nel frattempo, l'acquisizione di nuove informazioni può indirizzare la valutazione e il trattamento”.

Come si riconosce una patologia funzionale del tubo digerente? 
“Esiste una caratteristica che contraddistingue grossolanamente le patologie funzionali da quelle organiche: le prime tendono ad essere intermittenti, le seconde ingravescenti. Quindi, se sappiamo utilizzare adeguatamente l’anamnesi, saremo in grado di capire come allocare il sintomo del nostro paziente. Un elemento importante è l’età, perché andando avanti con gli anni, le probabilità che un sintomo sia espressione di una malattia organica è alta. E ancora, se una persona lamenta un sintomo intermittente e il suo peso corporeo è rimasto invariato o è aumentato, è un segno positivo perché fa escludere la diagnosi di patologia organica. Assenza di elementi di allarme fanno propendere per una diagnosi funzionale piuttosto che di patologia organica. Sintomi d’allarme possono essere invece: il dolore forte e fisso di cui il paziente non ha storia, la rettoragia (emissioni di sangue dall’ano) e/o l’ematemesi (cioè emissione di sangue con il vomito)”.

Perché i medici tendono ad inviare il paziente da subito ad approfondimenti diagnostici?
“Perché troppo spesso il medico non riesce a dare una categoria ad un sintomo che non ha una causa organica evidente e il supporto di esami strumentali è rassicurante anche per lui. Il rischio è che il paziente venga considerato malato immaginario o venga iperstudiato da tanti specialisti. Per la cultura medica esistono tre tipi di errori: anatomopatologico (culturale: se il problema non si vede vuol dire che non c’è); logico (si trasforma un rapporto temporale in uno causale); psichiatrico (se non trovo la causa fisica, sono portato a pensare che il problema sia di tipo psichiatrico). E invece, non è detto che un problema se non è fisico debba essere necessariamente psichico perché ci sono pazienti con patologie infiammatorie del colon che hanno anche disturbi psichici”. 

Come interviene il gastroenterologo quando i sintomi sono di natura psicologica?
“Questo tipo di paziente necessita, per prima cosa, della rassicurazione verbale che, in alcuni casi, può essere sostenuta da esami non invasivi (quelli del sangue, un test fecale o un’ecografica addominale per valutare le anse intestinali). Si tratta di esami che in genere sono sufficienti a valutare l’assenza o meno di una malattia cronica intestinale. Solo se al termine di questo primo step il medico ha ancora elementi di dubbio, potrà sottoporre il paziente ad ulteriori approfondimenti diagnostici”. 

Qual è il trattamento terapeutico di questi pazienti? 
“Per brevi periodi, si può tentare il trattamento sintomatico che, nel caso di pazienti con disturbi dell’alveo di tipo diarroico, è rappresentato dagli antispastici. Se, aggiungendo il farmaco sintomatico all’azione di rassicurazione del medico il paziente sta bene, si contribuisce a ridurre il numero di pazienti da consegnare allo specialista per esami strumentali di tipo invasivo. Per il 75% di pazienti con patologie funzionali del tubo digerente si risolve il problema con medicinali da banco. Un altro 25% va dal medico di base e/o dal gastroenterologo e di questi solo il 5% andrà dallo psicoterapeuta”. 

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