Cefalea, dolori cervicali, dolori facciali vicino all’orecchio, parestesie (ossia sensazione di intorpidimento e formicolio, per esempio, alle mani), clic all’apertura e chiusura della mandibola, vertigini, bruxismo (cioé il digrignamento o serramento dei denti la notte), tensioni muscolari alla mascella, al collo, alle spalle. Possono essere tutti problemi causati dalle disfunzioni dell’articolazione temporo-mandibolare (ATM), quella dalla quale deriva il movimento della mandibola e che permette alla bocca di partecipare ad importanti funzioni come la masticazione, la deglutizione, la fonazione. Recenti studi hanno dimostrato come l’appoggio scorretto fra i denti sia spesso causa di tutta questa serie di sintomi che possono essere meglio individuati, studiati e trattati dallo gnatologo. Per saperne di più abbiamo sentito il dott. Giuseppe Nocera, odontoiatra esperto in terapia delle disfunzioni cranio-mandibolari, che esordisce così: “Lo gnatologo è un dentista con una preparazione specifica in gnatologia(branca dell’Odontoiatria che si occupa del rapporto tra le mascelle e di quanto è loro connesso) che, grazie ai suoi studi, possiede specifiche competenze per l’identificazione e la risoluzione dei problemi connessi con le disfunzioni cranio-mandibolari. Poiché qualunque intervento odontoiatrico (otturazione, protesi, ortodonzia) agisce sull’occlusione del paziente, è necessario che l’odontoiatra abbia una preparazione anche di tipo gnatologico per evitare danni conseguenti ad un mancato equilibrio tra le basi scheletriche
mascellari”.
Vuole descriverci come avviene l’intervento dello gnatologo?
“Egli cerca di capire se una disfunzione cranio-mandibolare è legata principalmente a problemi dell'ATM, all'assenza di alcuni denti, a restauri protesici inadeguati, ad una postura errata, a una terapia ortodontica non eseguita correttamente, ad una condizione di stress o di tensione emotiva particolarmente elevata o ad abitudini viziate. Ha una visione generale della situazione orale disfunzionale e, quindi, è in grado di creare interventi multidisciplinari con altre figure specialistiche, come il posturologo, il fisiatra o l’osteopata (considerando gli effetti che una mal occlusione può avere sulla postura e sul sistema nervoso e viceversa) e il logopedista, per il raggiungimento di risultati più efficaci nell’ambito di un trattamento”.
Avere i denti storti o una brutta occlusione vuol dire malattia?
“No, possono essere esteticamente discutibili, ma non tutte le mal occlusioni possono dare problemi articolari. Vi sono brutte occlusioni che sono fisiologiche con la struttura scheletrica del paziente: intervenendo in questi casi per renderle belle occlusioni si rischia di creare un danno al paziente, in quanto si viene a togliere quell’equilibrio tra le basi craniche e la mandibola creando, quindi, la disfunzione e i disturbi tipici di questo fenomeno. Un trattamento della mal occlusione che ripristini la corretta posizione della mandibola, che comporti il rilassamento dei muscoli sterno-cleido-mastoidei e il recupero della postura corretta, necessita di un esame della situazione specifica del paziente e di una terapia personalizzata”.
Come si esegue la diagnosi?
“Attraverso la visita del cavo orale e dei muscoli ad esso annessi, la palpazione e l’ausilio di test strumentali specifici come le radiografie. Tra queste consiglio l’ortopantografia, ossia una panoramica dentale, piuttosto che la risonanza magnetica o la stratigrafia (un esame radiologicamente piuttosto pesante e non sempre chiaro). Nel mio studio si pratica la gnatologia neuromuscolare che, attraverso l’utilizzo dell’elettromiografo e del kinesiografo, permette di studiare la funzione del muscolo in statica e in dinamica della mandibola. Si vede, quindi, qual è la condizione del paziente (sia essa fisiologica o patologica), si riequilibra la muscolatura tramite una TENS (che agisce a livello neurale e non muscolare) e dalla discrepanza tra il movimento abituale del paziente - che può essere patologico- e il movimento fisiologico a muscoli riequilibrati si trova qual è l’occlusione corretta. A questo punto si appronta la terapia”.
Come si realizza?
“Non esiste un intervento uguale per tutti i casi. Molto utilizzato, comunque, è il bite, una placca in resina, che migliora la chiusura delle arcate dentarie, ristabilisce la loro posizione corretta e il delicato equilibrio tra le mandibole e le strutture annesse, senza modificare la posizione dei denti. Durante l’uso di questo dispositivo i pazienti vengono sottoposti a frequenti controlli per adeguare il bite alle modificazioni della posizione delle arcate mandibolari e mascellari. Nel 90% dei casi trattati, al termine della terapia con bite viene utilizzato un ortotico (simulatore di fine terapia) che il paziente dovrà tenere per alcuni mesi. L’uso di questo dispositivo aiuta a simulare la corretta occlusione prima di passare ad eventuali interventi irreversibili (come quello di limare o di spostare i denti) che durante la terapia si sono evidenziati come necessari. Un esame clinico e kinesiografico finale permette di passare a questa fase definitiva per garantire nel paziente quell’occlusione stabile ed equilibrata individuata con la terapia”.
Quando può essere utile un intervento gnatologico preventivo?
“Molto più su un adulto che su un bambino nel quale lo sviluppo generale e quello del sistema masticatorio è ancora in divenire. Mentre in un paziente adulto intervenire significa modificare un quadro patologico già presente, in un bambino l’intervento gnatologico può avvenire solo in presenza di disturbi seri come clic mandibolari, dolori, serramento dei denti, emicranie e a condizione che si guidi ogni mutamento connesso con la crescita. Di fronte a pazienti piccoli può risultare particolarmente utile, invece, un esame gnatologico che, di fronte alla necessità di un’ortodonzia per il raddrizzamento dei denti, può aiutare a capire se tale intervento non creerà una patologia articolare”.
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