Ma è proprio vero che i giovani di oggi non hanno valori? Forse è più corretto domandarsi: ma quali sono i valori di oggi?
Quelli di oggi sono come i giovani delle generazioni precedenti: capaci di generosità, solidarietà e dedizione se sono motivati da una causa. Hanno, forse, meno riferimenti politici, sociali, economici, religiosi e minore senso d’appartenenza di chi li ha preceduti. Rischiano di cadere nel conformismo delle mode, lasciandosene impregnare come spugne. Un portato dei loro genitori che spesso hanno preferito dare “beni” al posto del “bene”. Ma imputando loro l’assenza di spinte a costruirsi un futuro, si contribuisce solo ad acuire la loro fragilità affettiva e i dubbi su se stessi.
E’ profondamente riduttivo e superficiale definire i giovani di oggi bamboccioni. Va riconosciuto, invece che essi sono quelli che vivono una realtà sociale, politica, economica, profondamente diversa rispetto alle epoche precedenti.
Sino a tutta la metà del secolo scorso la società aveva dei modelli di riferimento precisi e cementati nel corso dei secoli. Soprattutto dopo la seconda guerra mondiale si è raggiunto un equilibrio politico, sociale, economico e religioso che ha consentito uno sviluppo economico (e quindi sociale).
Da quella fase è nata la moderna civiltà della comunicazione, di internet, dei social network, ma anche si è determinato lo scardinamento di quell’equilibrio tanto faticosamente raggiunto dopo la seconda guerra mondiale. E’ cambiato il modo di comunicare, ma sono anche cambiati i rapporti di forze politiche ed economiche. E’ cambiata persino la fisionomia geopolitica della Terra. Oggi non ci si confronta più con concorrenti di madrelingua italiana, ma con gli orientali (legati ad un’economia basata sul lavoro a bassissimo costo), con gli anglosassoni (la cui economia è caratterizzata da un’esasperata tecnologia che riduce sempre più il bisogno di risorse umane).
E i nostri giovani in questo scenario trovano sempre meno spazi di espressione e minori possibilità di lavoro e quindi di affermazione sociale.
Quello delle forchette rotte non è un episodio, ma uno dei tanti modi di esprimere quel profondo malessere che li pervade. E’ l’ennesimo tentativo di trovare soluzioni ma anche una “bandiera” intorno alla quale stringersi per trovare una loro identità politica, sociale, economica. Nella nostra epoca in profonda crisi di valori spirituali, politici ed economici non è poco. Quello che i “vecchi” dovrebbero fare è rispettarne scelte, motivazioni e percorsi. Perché hanno tutto il diritto di cercare di costruire il loro mondo, quello di domani.
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