pagina 7 - psicologia
Per risolvere il problema di un bambino dislessico 
è importante scegliere con oculatezza 
il professionista
di Giusy Egiziana Munda

Quanti genitori si sono trovati di fronte a problemi di apprendimento dei propri figli a scuola? Certamente tanti e, come in genere avviene in questi casi, la prima cosa a cui si pensa è di dare un sostegno ai bambini affidandoli ad un'insegnante privata. Ma, se i problemi sussistono, che fare? Non sono pochi i genitori che pensano di affidare i propri figli ad uno psicologo e, se si è scelto il professionista giusto, si scopre che il bambino è affetto da una vera e propria patologia: il disturbo specifico di apprendimento. Non è sempre così facile individuarlo e rimuoverlo. Per questo è importante affidarsi a professionisti specializzati in questo tipo di problema. Per saperne di più, ci siamo rivolti alla dr.ssa Rosalia Rinaldi, uno dei responsabili del Ce.d.Ap., l'associazione nata per rispondere ai problemi infantili relativi ai disturbi di apprendimento (e non solo).

Dott.ssa Rinaldi, quali sono i trattamenti per i disturbi dell’apprendimento?
“Si tratta di trattamenti riabilitativi specialistici con base scientifica, eseguiti dallo specialista che interviene sul bambino attraverso il coinvolgimento di scuola e famiglia. Oggi, infatti, si parla di trattamento di rete nel quale la scuola deve conoscere tutte quelle misure riabilitative e compensative previste dalle Circolari Ministeriali, che prevedono l’applicazione di una didattica diversa, adeguata al singolo caso, e che implica, quindi, non l’insegnamento di contenuti inferiori, ma un modo di insegnare in maniera diversa. Perché diverso è il modo di imparare dei bambini con disturbi di apprendimento”. 

Qual è la metodica che si impiega per risolvere il problema del bambino? 
“I piani di trattamento variano da bambino a bambino, individuando di volta in volta le aree deficitarie sulle quali si dovrà intervenire: per esempio, sull’ortografia anziché sulla lettura, o sulla matematica perché la discalculia è l’area maggiormente compromessa. Il nostro è sicuramente un approccio scientifico perché partiamo dalla valutazione delle abilità di base possedute dal bambino all’inizio del trattamento riabilitativo e successivamente si rivaluta per misurare l’incremento delle abilità raggiunto”.

E’ possibile guarire da un disturbo di apprendimento?
“Non trattandosi di una malattia, non si guarisce dalla dislessia. Piuttosto, si può dire che l’obiettivo di un trattamento è quello di aiutare il bambino a rendersi autonomo, imparando a compensare le sue difficoltà. Il trattamento e gli obiettivi da raggiungere variano a seconda dell’età del bambino e del grado di dislessia. E’ un disturbo con il quale si può tranquillamente convivere e l’obiettivo della terapia è insegnare al bambino le strategie, per esempio, di controllo ortografico. Si lavora sull’automatizzazione, sull’acquisizione della velocità nella lettura che risulta indietro rispetto ai tempi”.

Il vostro intervento è rivolto solo ai bambini?
“No. Abbiamo in terapia anche ragazzi di scuola media e superiore nei confronti dei quali l’obiettivo è quello di aiutarli a trovare un proprio metodo di studio per renderli in grado di affrontare autonomamente le prove scolastiche”. 

Qual è la durata media di un trattamento?
“Dipende dalla risposta dei soggetti al trattamento e sino a quando le famiglie non si ritengono soddisfatte del risultato raggiunto. Si va per cicli di trattamento con una durata non inferiore a tre mesi con una frequenza di due incontri settimanali. Periodicamente si effettuano monitoraggi degli obiettivi raggiunti. Al termine del periodo intensivo di trattamento, si riduce il nostro intervento ad un incontro l’anno per verificare l’andamento”.

E sui disturbi del comportamento cosa ci dice?
“Sono relativi ai deficit di attenzione ed iperattività, che possono essere associati ai disturbi di apprendimento nella misura di circa il 30 per cento, ma possono manifestarsi anche in maniera diversa, come diversi sono la diagnosi e il trattamento. Anche i disturbi di attenzione ed iperattività hanno una base genetica, presentandosi come disturbi neurobiologici a sé. Per la diagnosi vanno sempre seguite le linee guida del Ministero e il trattamento coinvolge, anche in questo caso, insieme al bambino, la scuola e la famiglia”. 

Può capitare che i disturbi di apprendimento sfocino in quelli di attenzione ed iperattività?
“I due disturbi possono anche coesistere in un bambino. Ma è anche vero che un bambino dislessico può mostrarsi iperattivo e disattento e non perché vi sia la presenza del relativo disturbo, ma perché è frustrato e ha difficoltà a mantenere uno sforzo prolungato nel tempo per delle difficoltà di base che non gli consentono di apprendere regolarmente. Questo fatto dimostra che ad effettuare la diagnosi non può che essere lo specialista, il solo che può riconoscere il tipo di disturbo, somministrando il trattamento adeguato”.

Com’è possibile la prevenzione di questi disturbi? 
“La prevenzione risiede nella diagnosi precoce che consente di intervenire sul bambino il più tempestivamente possibile, attenuando sensibilmente gli effetti del disturbo che si potrebbe evidenziare in età adolescenziale o adulta”.

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