"Il mio invito ai pazienti è quello di evitare di sottoporsi ad esami diagnostici senza un sintomo forte e allarmante, in quanto si rischia di effettuare un numero elevato di indagini che, per la loro natura (spesso invasiva), possono ingenerare seri danni alla loro salute". Così il Dottor Sergio Peralta, dirigente medico responsabile dell'U.O.S. di Endoscopia digestiva del Policlinico di Palermo, ha sottolineato i rischi che un uso poco appropriato dell'indagine endoscopica, strumento primario del gastroenterologo, comporta per i pazienti. E' uno dei tanti temi che abbiamo toccato nel corso dell'incontro con lo specialista, per rispondere alle numerose domande dei nostri lettori sulle patologie dell'apparato digerente.
nella
foto: Il Dott. Sergio Peralta
Quali patologie possono interessare l'apparato digerente?
"Le più frequenti sono quelle funzionali,ossia quelle in cui non vi è alla base una malattia organica come il tumore, o una malattia infiammatoria intestinale cronica, o una malattia peptica, ma sono legate ad uno stile di vita poco sano o ad errata alimentazione. Tra esse lo stress è il comune denominatore. Le malattie che sotto questo profilo determinano più frequentemente l'intervento del gastroenterologo sono: quella da reflusso gastroesofageo (per quanto attiene il tratto digestivo superiore) e la sindrome dell'intestino irritabile (per quanto riguarda il tratto digestivo inferiore, cioè colon e intestino tenue). Si tratta di patologie che, per essere diagnosticate, raramente necessitano d'indagini, ma, spesso, sono sufficienti un adeguato colloquio con il paziente e la valutazione di pochi esami di laboratorio per poter 'scremare' da questo grosso bacino di pazienti funzionali quelli che, in realtà, hanno degli elementi di allarme che meritano esami successivi (magari più invasivi),come, per esempio, l'endoscopia o l'ecografia dell'addome (apparentemente meno cruento)".
Quali sono i sintomi che rivelano la presenza di un problema gastroenterologico?
"L'età rappresenta un elemento di allarme per l'attecchimento di alcune patologie dell'apparato gastrointestinale. Infatti, un paziente di 30 anni necessiterà di un accertamento diagnostico meno invasivo rispetto ad uno di 50 o 60 anni che, data l'età, ha più probabilità di avere una patologia organica. Comunque, uno dei sintomi più comuni è il dolore di nuova insorgenza, cioè un dolore di cui non si ha storia. La sintomatologia, comunque, è soggettiva. Sintomi che presuppongono una valutazione di rischio possono essere: la riduzione dell'emoglobina nell'uomo più che nella donna in età fertile, la comparsa di segni indiretti di emorragia, la colorazione nera delle feci (la cosiddetta melena); e poi,ancora, la disfagia, cioè la difficoltà a deglutire (che dà la sensazione dell'arresto del cibo all'interno dell'esofago), e il dimagramento non spiegato con diete a scopo estetico. Questi ultimi sono, sicuramente, elementi d'allarme riguardanti il tratto digestivo superiore. Relativamente al tratto digestivo inferiore, il sintomo principale che deve allarmare è la perdita di sangue dall'ano, uno dei problemi più grossi con cui si confronta il medico di base. Inoltre, è fondamentale tenere conto dell'età, perché il cancro del colon è una delle patologie più diffuse nel mondo occidentale. Una patologia che presenta un rischio maggiore per gli ultracinquantenni e che ha, anche, una causa genetica. Dunque, tutte le società scientifiche danno indicazioni affinché i soggetti si sottopongano a un'ecocolonscopia, ad oggi l'unico esame che consente agli ultracinquantenni d'iniziare una forma di prevenzione del cancro del colon con una certezza di diagnosi sino a dieci anni dell'esecuzione. Nelle famiglie in cui si è verificato un caso di tumore al colon in uno dei familiari di primo grado (genitori, nonni), è consigliabile che gli esami diagnostici vengano fatti dieci anni prima dell'età di insorgenza della patologia nel congiunto. Quindi, se il familiare ne è stato affetto a 45 anni, i figli o i nipoti dovrebbe effettuare un esame preventivo già a 35 anni".
Quant'è importante la preparazione del medico di base per riconoscere dai primi sintomi la possibile presenza di una specifica patologia per intervenire tempestivamente e quale dev'essere la sua azione sinergica con lo specialista?
"Parecchio. La sua preparazione in merito diventa fondamentale per evitare di scambiare l'episodio di perdita di sangue dall'ano come correlato alla presenza di emorroidi, piuttosto che a un cancro non noto e che non ha dato segni di altra natura. L'abilità del medico dev'essere quella di saper valutare nella sua interezza il paziente e rendersi conto che, se il sintomo si dovesse ripetere, è necessario ricorrere, all'esame endoscopico e alla colonscopia, per verificare se il sanguinamento, apparentemente dovuto alla presenza di emorroidi effettivamente visibili, non sia, invece, causato da una lesione neoplastica e, quindi, da un possibile carcinoma. Del resto, l'attuale piano sanitario nazionale sta portando avanti un elemento fondamentale per la salute di tutti: l'importanza della continuità assistenziale, per la quale è indispensabile che vi sia l'integrazione tra l'azienda ospedaliera e il territorio. Questo per sottolineare che tra medico di base, struttura ospedaliera e specialista dev'esserci adeguata comunicazione per evitare che il paziente vada dall'uno all'altro come una pallina da ping pong. Solo così, a mio avviso, si potrà migliorare lo stato di salute della nostra popolazione".
Come ritiene si possa raggiungere questo obiettivo?
"E' di fondamentale importanza un'azione di sensibilizzazione e di informazione - formazione del medico di base. Le società scientifiche possono fornire un grosso aiuto in questo senso. Prendiamo, ad esempio, l'Aigo (Associazione italiana gastroenterologi ospedalieri ed endoscopisti) che negli ultimi quattro anni ha perseguito l'obiettivo di unire i gastroenterologi, questo perché comunicando si riesce a migliorare la qualità del servizio. Per fare un esempio, l'endoscopia digestiva nell'ambito della gastroenterologia è ormai in uso corrente da circa quarant'anni, ma, nonostante questo, c'è bisogno di un reitraining della terminologia utilizzata: solo se ci confrontiamo, possiamo esprimere un giudizio univoco sullo stesso caso. Il percorso medico già compiuto dev'essere spendibile altrove senza dover ricominciare daccapo. Questo richiede l'utilizzo di protocolli analoghi, di linee guida condivise, concordate. In una realtà dove l'informatica e la sua applicazione per lo sviluppo della telemedicina sta facendo passi da giganti, in un futuro ormai prossimo, sarà possibile la condivisione a distanza dei referti medici tra gli specialisti".
In tutto, questo, il paziente dove si colloca?
"La comunicazione con il paziente non s'insegna all'università, ma si forma con la pratica. Si pensi alla delicatezza di informare un paziente che è affetto da tumore, senza fargli perdere la speranza".
Partendo dall'assunto che ogni paziente è un caso a sè, è possibile cercare di prevenire eventuali patologie gastrointestinali?
"E' difficile identificare i soggetti che possono soffrire di patologie digestive, se non per i sottogruppi in cui è più frequente il rischio genetico (per esempio, nelle malattie infiammatorie croniche intestinali, come la malattia di Crohn, la colite ulcerosa o la celiachia)".
Ci sono stili di vita che possono indurre a incorrere in determinati rischi?
"Prendiamo ad esempio la malattia da reflusso gastroesofageo (che colpisce il 10-15% della nostra popolazione): vi è una stretta correlazione tra girovita, ossia obesità addominale, e reflusso. Prova ne sia che di reflusso soffre la donna in gravidanza, in quanto nel periodo dell'attesa s'incrementa notevolmente la pressione addominale all'interno dell'esofago. L'obesità, quindi, richiede un radicale cambiamento di vita, a cominciare dall'alimentazione. E, ancora, sostanze come l'alcol, il fumo e il caffè, riducendo il tono della zona interessata, favoriscono il reflusso. Ne consegue che un obeso che fuma e beve alcolici è maggiormente predisposto a soffrire di reflusso cronico. Peraltro, anche un soggetto di peso normale che fa un lauto pasto serale, beve qualche dito in più di alcol, fuma una sigaretta dopo cena e va a letto presto, nel momento in cui è in posizione supina, crea le condizioni per il reflusso che può portarlo a svegliarsi nottetempo con la sensazione di difficoltà respiratoria. Alcuni semplici consigli per uno stile di vita sano sono: una dieta mediterranea fatta di pochi grassi, l'astensione dal fumo, un uso giudizioso e moderato degli alcolici, da concedersi preferibilmente nella misura di 1-2 bicchieri di vino per la donna e 2-3 per l'uomo, sono la soglia sopra la quale non bisogna andare. Vanno, invece, evitati i superalcolici”.
Lei è presidente regionale e consigliere nazionale dell'Aigo. Nell'ambito del suo ruolo istituzionale, cosa ritiene che si debba fare per offrire un servizio di qualità al cittadino?
"Fondamentalmente, occorrono formazione ed informazione. Il medico deve spendersi per cercare d'insegnare ed apprendere al tempo stesso, senza mai presumere di sapere già tutto. L'Aigo, a tal proposito, favorisce la partecipazione gratuita di giovani gastroenterologi (di età inferiore ai 35 anni) ai congressi nazionali e ai corsi di aggiornamento nazionali sulle malattie epatiche o del tubo digerente. Una recente iniziativa dell'Aigo (nota come "Aigo fa scuola") ha individuato in Italia una decina di centri nei quali si curano in modo particolare alcune patologie. Il gastroenterologo può chiedere di fare alcune settimane di stage a totale carico dell'associazione, riuscendo, così, ad acquisire nuove conoscenze su specifiche patologie.
|